11 luglio

Non mi sembrano trenta gli anni passati a non farti gli auguri di compleanno, a non entrare in pasticceria da Bianchi per prenderti qualcosa di buono per festeggiare, a non vederti gongolare anche per un biscotto o un canestrello, nonostante dicessi che le feste non ti importavano, a non incamminarci con Dog (el mé ratìn) fino in fondo alla Pietra, dove al mattino c’è fresco, di pomeriggio invece è meglio corso Roma: casa, penombra, riposo e letture.
Non mi sembrano così tanti gli anni di assenza forse perché ti parlo tutti i giorni, nella mia testa. Sembrerò matta, e va bene, sono matta. Io chiedo, tu rispondi; oppure partecipi con interventi – richiesti e no – che nei loro effetti hanno dell’incredibile: mai si sarebbe detto che gli eventi prendessero quella piega, eppure… mai si sarebbe pensato che capitasse, eppure… e ci vien da commentare che hai guardato giù, come si dice in pianura da noi.
Pensa che questa estate non sono ancora entrata in mare. Me ne lamento – ma più per dirlo che per altro – e penso a te che, per dar retta a prescrizioni mediche oggi superate, ma anche allora credo come minimo antiquate, hai rinunciato per sempre a quella nuotata rinfrescante che tanto ti piaceva, senza stile ma non ti importava, tu avevi imparato da solo a nuotare nell’Adda.
Ogni volta che porto a casa cestini di fragole o altri prodotti del nostro orto, te li mostro e sei lì, con la sorpresa golosa pennellata sul volto; mi sembra anche che ridacchi un po’, ma per cosa? Non mi ci vedevi in versione contadinella, anziana per di più? Chissà.
Mi basta pensarti per sentirmi piccola come nella foto, per sentire il calore, lo spessore, la morbidezza del tuo abbraccio, che mi stringeva sempre forte, anche a Lavagna sulla terrazza dell’albergo Nazionale perché temeva chissà quali pericoli, che si tratteneva – troppo, troppo papà – quando sono diventata grande. Tanto a noi bastava star seduti vicini: e mi precipitavo quando battevi con il palmo della mano sul posto accanto a te sul divano, o giocavamo a scacchi e vincevi sempre tu, che ridevi di me permalosa con la stessa espressione della fotografia.
Sai, quel tale che ti era caro e io consideravo un fratello, lui, sì; aveva promesso di darmi una copia di quell'immagine bellissima mentre ridi sotto la fontana della piscina di Levanto. Promessa non mantenuta, lo sai, vero?
Sai, abbiamo riparato il vecchio registratore Geloso, quello che la mamma usava per registrare il festival di Sanremo con il microfono vicino alla televisione. I nastri di alcune registrazioni sono ancora perfetti; ci siamo tu e io che bisticciamo per ridere sui cantanti degli anni '60... la tua voce, che bello sentirla ogni tanto.
Queste calure estive, ormai debilitanti anche per me, ti avrebbero provato, ma qui, dove abitiamo ora, tira sempre un’aria fresca e pulita… so che la senti, ma mi sarebbe piaciuto che te la godessi in carne e ossa.
Buon compleanno, papà. La prima nuotata sarà per te. E anche per la mamma, va bene.