IA, tu non mi avrai

Ebbene, confesso: le parole intelligenza artificiale hanno l’effetto dell’orticaria su di me che, come Abel Wakaam sa, utilizzo ancora un telefono con poche necessarie funzioni: telefona e al massimo scatta una fotografia senza neppure datarla, non filma e non ha applicazioni particolari, né WhatsApp. Da qualche tempo lui, Abel, cerca di convincermi a sostituirlo con qualcosa di più attuale, ma temo che proponendomi la lettura del suo romanzo Jerusalem Enigma. Artificial Intelligence abbia segnato un autogol difficile da pareggiare.
Perché?
Non è pensabile che io rischi di mettere la mia vita, il mio privato, i miei amici, il mio mondo alla mercé di una macchina ficcanaso, presuntuosa, permalosa, pignola, manipolatrice conto terzi ma forse anche in proprio, che gestisce e decide per me e di me. Non se ne parla proprio! Sembrerebbe impossibile evitarlo, ma non è così; dato che il telefono è il tramite della IA, non ne possiederò mai uno perché in fondo è facile evitare danni: «basta sottrarsi a tutto ciò che è tecnologico».
Questa mia reazione istintiva rende l’idea di quale è stato l’impatto del romanzo.
Coinvolgente al punto di faticare a distinguere realtà e invenzione, in prima battuta spaventa per l’apparente (ma non avveniristico) controllo che una IA pare in grado di esercitare su chiunque; poi ne illustra le falle, infine mostra quali sono le superiori capacità delle intelligenze non artificiali e anche i loro intenti e fini: soldi, potere, controllo e persino l’ambizione di riscrivere la Storia, di rivoluzionare certezze bibliche.
Come si insegnava un tempo, quando il mezzo si rivela un’arma potente, tutto è affidato alle mani e di chi la possiede e la usa.
La vicenda (che di proposito non riassumo) si avvolge come un gomitolo di lana lasciato tra le zampe imprevedibili di un gatto, si intreccia e poi si dipana ai giorni nostri, tra lo scorso marzo e il prossimo luglio; si muove tra Israele, Kenya, Francia, Italia e Svizzera; coinvolge una dinamica, direi intrepida, psicologa che si occupa di testare appunto le IA, uno scrittore, un fotografo, una monaca, rassicurante emblema di saggezza e tutela della tradizione, e un misterioso quanto onnipotente – o presunto tale – uomo d’affari, il proprietario, ma sarebbe meglio dire padrone, di xAx, l’intelligenza artificiale che propone e dispone, organizza e sa sempre tutto, o quasi.
Costruito in prevalenza con i dialoghi, si avvicina molto per l’incalzare degli eventi alla sceneggiatura di un film di azione, spionaggio e sentimenti, veri, umani e vittoriosi; una vicenda che tiene incollati alla poltrona in attesa che l’enigma si risolva.