infragolata

Me li avesse mandati qualche tempo fa, forse mi avrebbe indispettito per l’ultima immagine: l’avrei considerata poco edificante, come minimo.
Me li ha mandati ieri, dopo che ci eravamo sentiti al telefono:
«Come stai, dove sei, mi avevi chiamato?» mi chiede.
«Sì, volevo sapere come stavi tu. Sto raccogliendo le fragole».
«Ecco!» risponde; la voce è bassa, pare sconfortato, proseguo a raccontargli delle mie fragole:
«Sono strepitose! Grandi quanto un’albicocca, rigogliose, turgide da faticare a tagliarle, dolcissime».
Sento che segue il discorso, ma l’interesse mi sembra scarso perché commenta a monosillabi:
«Oh, bene, uh, che bello, buone…».
Ammetto che da quando mi alimento con le nostre produzioni posso risultare pedante, forse anche un po’ noiosa, quanto meno ripetitiva; però, dovreste assaggiare… e lui l’anno scorso ha assaggiato, ma quest’anno – le fragole almeno – sono ancor più buone. Quindi, rinnovo l’invito per quando tornerà in zona. Accetta, con gratitudine evidente, ma mi pare ancora un po’ laconico.
Mi racconta di una vicenda di concorsi letterari poco chiara [vade retro se a pagamento, nella maggior parte dei casi], scambiamo qualche battuta sul mio provvidenziale trasloco, sulle nostre scritture in corso, sul clima insopportabile a maggior ragione in città, a Milano; io continuo a raccogliere i miei frutti rossi che, penduli dagli steli esili e affaticati, ieri erano davvero numerosi e gli descrivo le ciotole colme, una di fragole, l’altra di fragoline che dovrebbero esser piccole, in realtà hanno le dimensioni di olive ascolane. Eppure non sono state incentivate nella crescita in alcun modo: solo terra buona e acqua, buona pure quella.
Per fortuna, mentre raccolgo, parlo con lui al telefono, altrimenti le ciotole rischiavano di non riempirsi fino all’orlo. Non è educato parlare con la bocca piena…
Dev’essere stata efficace la mia descrizione perché, qualche minuto dopo esserci salutati, arrivano questi versi, estemporanei pure loro, come i racconti che l’orto mi ha ispirato e mi ispira. Trascrivo:

Amelia infragolata
non teme scorpacciata.

Labbra grondanti,
nessun si faccia avanti!

Le fragole son mie,
mi impippo di allergie.

Giaccio ormai satolla,
lo stomaco è una colla.

Rido di gusto, è il caso di dire, anche perché delle allergie non avevamo parlato. Non gli avevo raccontato dell’improvvido acquisto di quelle in vendita nella grande distribuzione che con una dose minima, insapore per giunta, avevano scatenato una reazione cutanea simile alla varicella. Mai più!
Rido di gusto e mi sento la bambina golosa che sono stata, incapace di centellinare ciò che le piace, permalosissima e molto reattiva. Lo sono ancora ma con una maggiore predisposizione alla risata su me stessa che un tempo non mi riusciva benissimo; non mi riusciva proprio.
Senza scomodare il fanciullino di Pascoli, molto più che in età matura, oggi in età pensionata mi sento più simile a chi ero prima: mi riconosco meglio nella bambina che assorbiva esempi e insegnamenti in famiglia e nel mondo fuori, e si costruiva, con sempre maggiore consapevolezza, scelta dopo scelta.
Perciò, stomaco incollato a parte, grazie Bruno Belletti.